La Costituzione Repubblicana riconosce i diritti della famiglia come società naturale basata sul matrimonio. Con il termine "famiglia", quindi, si indicano le persone unite dal vincolo familiare che deriva dal matrimonio; tradizionalmente è solo mediante il matrimonio che nascono i legami che danno luogo alla famiglia in senso giuridico (rapporto coniugale e rapporti di parentela ed affinità).
Solo eccezionalmente, infatti, la legge riconosce a soggetti che non sono uniti da legame familiare (è la cosiddetta famiglia di fatto) taluni diritti che normalmente vengono attribuiti ai parenti o al coniuge.
La legge riconosce, poi, i rapporti derivanti dalla adozione.
La famiglia ed il matrimonio sono impostati dalla legge sulla uguaglianza sia morale che giuridica dei coniugi; la legge prevede per i coniugi, nell'ambito del rapporto familiare, diritti e doveri sia tra i coniugi stessi (rapporti personali tra coniugi ed anche rapporti patrimoniali tra coniugi ) e nei confronti dei figli e degli altri parenti.
Un profilo molto importante e delicato dei rapporti di famiglia riguarda le norme previste per i soggetti incapaci.
La legge regola molti aspetti della vita della famiglia e l’ausilio di un tecnico del diritto può evitare di prendere decisioni avventate e non corrette. Il notaio può portare a conoscenza delle diverse disposizioni di legge relative ai singoli casi concreti e può suggerire le soluzioni più idonee per regolare i rapporti tra coniugi, per operare correttamente nei confronti dei figli o nei confronti di eventuali soggetti incapaci, anche al fine di evitare l’assunzione di impegni non conformi alle disposizioni di legge.
La filiazione fa sorgere rapporti giuridici tra genitori e figli.
In diritto vengono indicati come figli legittimi quelli nati tra soggetti legati da vincolo matrimoniale, e figli naturali quelli nati fuori del matrimonio.
I genitori esercitano la potestà sui figli, e tra l’altro amministrano il loro patrimonio; è loro dovere mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio; si noti che si tratta sia di un diritto che di un preciso obbligo. La legge pone a carico dei genitori delle obbligazioni molto precise e rilevanti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
Solo nei casi in cui vi sia già una famiglia unita da vincolo matrimoniale e si verifichi, al di fuori di tale famiglia, la nascita di un figlio naturale di un o dei due coniugi già uniti in matrimonio, la legge prevede particolari regole che contemperino la tutela del figlio nato fuori del matrimonio con i diritti dei membri della famiglia legittima.
L’esatta ricostruzione dei rapporti di famiglia e delle regole che li governano può non essere agevole e talvolta si rischia di operare scelte ed instaurare rapporti sulla base di valutazioni errate.
I rapporti di famiglia sono il presupposto per l’operare di norme che regolano sia rapporti personali che rapporti patrimoniali e successori; su tali rapporti e sulle norme relative il notaio potrà fornire chiarimenti e informazioni e suggerire i mezzi idonei per una corretta gestione dei rapporti sia personali che patrimoniali.
La legge presume che il marito sia il padre del figlio concepito durante il matrimonio, e che il figlio sia stato concepito durante il matrimonio, sempreché sia nato entro un certo periodo di tempo dalla celebrazione del matrimonio e dalla cessazione del matrimonio stesso.
La legge permette, a determinati soggetti ed in casi particolari, di rivolgersi al giudice per far accertare la verità in contrasto con le presunzioni di legge: si può chiedere il disconoscimento della paternità (per far accertare che un soggetto non è padre di un altro), si può contestare lo stato di figlio legittimo altrui oppure si può reclamare per sé lo stato di figlio legittimo.
Tali azioni sono soggette a particolari modalità operative come a determinati presupposti; anche in questo settore, particolarmente delicato data la natura dei rapporti coinvolti, l’aiuto di un tecnico del diritto pare assolutamente consigliabile.
La legge distingue diversi tipi di rapporto nell'ambito della famiglia. Una precisa individuazione, anche secondo il diritto, della struttura della famiglia può essere effettuata con l'aiuto del notaio.
Si parla di parentela solo tra i soggetti che discendono da uno stesso soggetto (stipite), cioè che hanno in comune uno stesso ascendente. Sono parenti secondo la legge, per fare qualche esempio, due fratelli, perché hanno in comune lo stesso genitore; sono parenti un padre ed un figlio, perché hanno in comune uno stesso ascendente (il rispettivo padre e nonno); sono parenti tra loro due cugini, perché hanno in comune uno stesso ascendente (il rispettivo nonno, per esempio).
La legge distingue le linee di parentela (linea retta e linea collaterale). Sono parenti in linea retta le persone di cui l'una discende dall'altra (ad esempio padre e figlio sono parenti in linea retta). Sono parenti in linea collaterale quelle persone che, pur avendo un ascendente comune, non discendono una dall'altra (due fratelli tra loro oppure due cugini).
La legge indica, poi, quale sia il grado di parentela che intercorre tra i soggetti, distinguendo i gradi tra linea retta e linea collaterale.
Nella linea retta si calcolano tanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo stipite (ad esempio padre e figlio rappresentano due generazioni ma lo stipite, cioè il padre, va escluso dal calcolo, così che la parentela tra padre e figlio è di primo grado).
Nella linea collaterale i gradi di parentela si calcolano salendo da uno dei parenti (dei quali si vuole conoscere il grado di parentela) sino all'ascendente comune e da questo discendendo all'altro parente (del quale si vuole conoscere il grado di parentela) sempre restando escluso l'ascendente comune.
La legge non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado.
Il rapporto che si crea tra coniugi non viene definito parentela ma coniugio.
L’affinità è il vincolo che si crea tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge. Nella stessa linea e grado in cui un soggetto è parente di uno dei coniugi, egli è affine dell'altro coniuge.
L’affinità lega solamente il coniuge ai parenti dell'altro coniuge: ciò significa che a seguito del matrimonio non si creano vincoli di alcun tipo tra parenti di un coniuge e parenti dell'altro coniuge.
L’adozione è una figura giuridica di origine antica, che consentiva ad un soggetto che non aveva eredi di "sceglierne" uno. Nel tempo le regole in materia di adozione sono cambiate molto: oggi la legge prevede diverse figure di adozione e norme molto particolari regolano l’adozione dei minori di età. Tali disposizioni sono decisamente finalizzate alla tutela del minore, anche nel periodo che precede l’adozione vera e propria.
Una specifica attenzione è prestata dalla legge nel controllo dei requisiti dei soggetti che intendono adottare un minore: deve trattarsi di coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni e deve trattarsi di persone che siano idonee a educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare.
Anche l’età deve essere presa in considerazione: tra adottanti ed adottato deve esservi una differenza di età minima e massima.
Il procedimento di adozione è articolato: la legge prevede provvedimenti temporanei o provvisori per far fronte alle esigenze più immediate di minori in stato di difficoltà e, successivamente, una procedura per fasi successive che porta solo conclusivamente alla adozione vera e propria.
Durante il procedimento di adozione si allentano i legami tra minore adottando e famiglia di origine (la potestà è sospesa e il tribunale nomina un tutore al minore).
Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti dei quali assume e trasmette il cognome.
L’equiparazione tra adottato e figlio legittimo è rilevante anche in materia di successione ereditaria.
Altre norme regolano l’adozione internazionale, l’adozione in casi particolari e l’adozione di persone maggiori di età.
Si tratta di un settore di grande rilievo, relativamente al quale è consigliabile una grande cautela, ad evitare di intraprendere procedure che possono rivelarsi non corrette a seguito di informazioni inadeguate.
La consulenza di un giurista può essere di aiuto non solo per chi intenda procedere ad un’adozione ma anche per chi intenda conoscere le particolari regole applicabili durante il procedimento di adozione o a seguito della adozione stessa; il tutto al fine non solo di soddisfare le esigenze degli adottanti ma soprattutto di preservare e rispettare al massimo la persona del soggetto da adottare.
I genitori hanno il potere-dovere di prendersi cura della persona del minore loro figlio e di amministrare i suoi beni (potestà).
La potestà è esercitata da entrambi i genitori, considerati dalla legge su un piano di eguaglianza e parità.
Specifici doveri riguardano la cura della persona del figlio (obblighi di mantenimento, sorveglianza, educazione), altri riguardano la amministrazione del patrimonio del minore stesso nonché la rappresentanza legale dello stesso.
Gli atti patrimoniali che esulano dalla amministrazione ordinaria, e quindi gli atti di straordinaria amministrazione, possono essere compiuti dai genitori solo previa autorizzazione del Tribunale-Giudice Tutelare.
Si tratta di regole molto importanti alle quali i genitori debbono attenersi con scrupolo, al fine di evitare di assumere obbligazioni per conto dei minori stessi in modo non conforme alla legge.
Per tali motivi è opportuno non operare senza l’ausilio di un tecnico del diritto adeguatamente preparato in tema di amministrazione dei beni dei minori. Il notaio potrà fornire i chiarimenti e le informazioni necessaria ad un corretto comportamento nella gestione del patrimonio dei minori e suggerire il migliore utilizzo delle regole fornite dalla legge nei singoli casi concreti. Se entrambi i genitori sono morti o per altre ragioni non possono esercitare la potestà, si apre la tutela ed il Giudice Tutelare nomina un tutore al minore.
Il tutore cura la persona del minore, lo rappresenta negli atti civili e ne amministra i beni, sotto la sorveglianza del Giudice Tutelare.
Il tutore deve tenere la contabilità della sua amministrazione.
Anche il comportamento del tutore è sottoposto dalla legge a precisi controlli, ed ogni iniziativa di gestione può comportare conseguenze anche gravi ove non consegua ad una corretta informazione e non sia conforme alla legge.
Si dice capacità giuridica la capacità di essere titolari di rapporti giuridici; la capacità giuridica si acquista al momento della nascita. Da tale momento un soggetto può essere titolare di diritti e di obblighi. Diversa è la capacità di disporre di tali diritti ed obblighi; per tale capacità occorre che il soggetto abbia acquisito una certa consapevolezza delle proprie azioni. La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno di età; con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti (salvi solo alcuni casi specifici per i quali è stabilita una età diversa).
I minori di età, pertanto, non sono capaci di disporre dei propri diritti e sono sottoposti alla potestà dei genitori; ove i genitori manchino o non possano esercitare la potestà sui minori, si apre la tutela sui minori stessi, con la nomina di un tutore che amministra i beni del minore.
La legge prevede altre disposizioni a tutela di persone che non possano provvedere ai propri interessi, anche se maggiori di età.
Vi sono soggetti, infatti, che per malattia o per altri motivi, si trovano in condizioni abituali (permanenti) di infermità di mente tali da renderli incapaci totalmente di provvedere ai propri interessi. In tali casi il nostro sistema prevede il procedimento di interdizione, con la conseguente nomina di un tutore che provvede alla cura degli interessi dell'interdetto.
Diversamente, il maggiore di età che, pur essendo infermo di mente, ma il cui stato mentale non sia talmente grave da far luogo alla interdizione, può essere inabilitato. Con l'inabilitazione il soggetto può compiere da solo gli atti che non eccedono l'ordinaria amministrazione mentre per gli atti di straordinaria amministrazione (ad esempio: vendita di un immobile; stipula di un mutuo) deve essere assistito da un curatore (e, talvolta, anche essere autorizzato dal giudice tutelare).
Un regime analogo a quello applicabile all'inabilitato si applica al minore che sia stato emancipato in quanto autorizzato a contrarre matrimonio prima dei diciotto anni.
In ogni caso in cui si debbano compiere atti patrimoniali relativi a minori o comunque ad incapaci, i soggetti che assistono o amministrano (vedipotestà) i beni degli incapaci devono prestare la massima attenzione a tenere un comportamento conforme a legge. Può accadere, ad esempio, che vengano assunti impegni in nome e per conto di soggetti incapaci in modo non conforme alla legge: si tratta di comportamenti illegittimi e pericolosi in quanto non solo non vincolano il soggetto incapace nei confronti del terzo ma espongono il soggetto rappresentante a precise e gravi responsabilità sia nei confronti dell’incapace sia nei confronti del terzo.
In tutte le sopra ricordate ipotesi di gestione di beni di incapaci il notaio può essere di grande aiuto, in quanto fornito di preparazione specifica sull’argomento ed idoneo a suggerire le soluzioni più appropriate a seconda del singolo caso.
Per regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi il nostro codice prevede un regime applicabile a tutte le famiglie nel caso in cui i coniugi non esprimano alcuna volontà specifica; la legge permette peraltro ai coniugi di scegliere un regime diverso sia al momento del matrimonio che successivamente.
Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione, è costituito dalla comunione legale.
I coniugi possono stipulare apposita convenzione matrimoniale per scegliere un regime diverso, come ad esempio la separazione dei beni ovvero la comunione convenzionale.
Altre regole particolari sono previste per la impresa familiare o per il fondo patrimoniale, con il quale ciascuno o ambedue i coniugi o un terzo possono destinare alcuni beni a far fronte ai bisogni della famiglia.
Questo è un altro settore in cui il ruolo del notaio può essere molto utile: egli infatti ha una conoscenza specifica della materia ed è in grado di consigliare ed informare specificamente sui vantaggi e svantaggi di ciascun regime patrimoniale.
La comunione legale dei beni costituisce il regime normale che opera in tra coniugi in mancanza di una diversa convenzione.
Non tutti i beni dei coniugi rientrano nella comunione legale dei beni: ne sono esclusi, ad esempio, i beni che ciascun coniuge già possedeva prima del matrimonio, i beni acquistati anche successivamente al matrimonio per successione o donazione (a meno che il testamento o la donazione non preveda l’attribuzione ad entrambi), i beni di uso strettamente personale.
Una delle caratteristiche principali del regime di comunione legale consiste nell’acquisto automatico in capo ad entrambi i coniugi anche se nell’atto di acquisto sia intervenuto uno solo di essi.
Regole particolari sono previste per la titolarità delle aziende (a seconda del soggetto che le gestisce e del periodo in cui sono state costituite) e per i risparmi (che in certi casi cadono in comunione solo al momento in cui la comunione si scioglie, così che si parla – in tali casi – di comunione legale differita o de residuo).
La amministrazione dei beni comuni spetta a ciascuno dei coniugi, disgiuntamente dall’altro, per gli atti di ordinaria amministrazione; per gli atti di straordinaria amministrazione occorre il consenso di entrambi i coniugi.
Un consulente esperto può fornire ogni informazione sia sulle regole generali che sui singoli casi concreti.
Si tratta del regime patrimoniale più semplice: i coniugi mantengono separati i rispettivi patrimoni. Ciascuno rimane proprietario dei beni che possedeva prima del matrimonio e di quelli che acquista successivamente, ciascun coniuge può amministrare liberamente i propri beni.
I coniugi possono scegliere il regime di separazione dei beni o al momento del matrimonio, mediante apposita dichiarazione, ovvero successivamente, con convenzione matrimoniale.
Cosa accade quando un soggetto è titolare di una impresa individuale ed a tale attività collaborano i suoi familiari?
Sovente tali rapporti si creano “di fatto” e i membri della famiglia non si preoccupano di regolare compiutamente i rapporti tra loro, tanto meno con accordi scritti.
Ciononostante la legge riconosce particolari diritti ai familiari che collaborino con il titolare di una impresa.
Più in particolare, statuisce la legge che nel caso in cui un familiare presti in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare, a meno che il rapporto non sia regolato autonomamente (come ad esempio se si tratti di un rapporto di lavoro subordinato vero e proprio o si tratti di rapporto comunque regolato tra le parti), questi ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia, partecipa agli utili della impresa familiare (nel senso che ha diritto ad una parte dei guadagni dell’impresa), ai beni acquistati con gli utili stessi e agli incrementi dell’azienda, il tutto in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.
La legge precisa cosa debba intendersi per “familiare”: si tratta del coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado (per tali definizioni vedere la voce "Parentela e Affinità").
I diritti sopra citati non sono riconosciuti, pertanto, ad eventuali collaboratori che siano legati da vincoli di grado ulteriore, rispetto a quelli sopra detti, con il titolare della impresa familiare.
Ciascuno o entrambi i coniugi, per atto pubblico, oppure una terza persona, anche per testamento, possono destinare determinati beni (immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito) a fare fronte ai bisogni della famiglia.
I beni costituiti in fondo patrimoniale vengono specificamente destinati allo scopo suddetto e i creditori dei coniugi non possono soddisfarsi su tali beni per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
La proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che l’atto costitutivo del fondo stesso disponga diversamente (assegnando la proprietà, ad esempio, ad uno solo dei coniugi ovvero riservando la proprietà dei beni stessi al disponente).
Per la amministrazione dei beni del fondo si osservano le stesse norme previste per la amministrazione dei beni della comunione legale.
Il fondo patrimoniale può avere rilevante utilità nel far fronte ai bisogni della famiglia grazie anche al particolare regime della responsabilità dei beni costituenti il fondo, beni che, come sopra osservato, possono essere oggetto di azione esecutiva solo per debiti contratti nell’interesse della famiglia.
L’utilizzabilità pratica della figura, peraltro, richiede le dovute cautele, per fare sì che essa risponda ai concreti interessi delle parti, tenendo anche conto che la legge prevede, in particolari casi, vincoli alla possibilità di disporre dei beni costituiti in fondo patrimoniale (art. 169 c.c.). Per tali motivi pare senz’altro opportuna la supervisione di un consulente qualificato, che potrà esporre tutti i dettagli operativi dell’istituto e valutare correttamente i vantaggi, gli eventuali limiti ed, in definitiva, l’opportunità concreta di ricorrere alla figura.